Maestosa ed elegante, affacciata sul Parco Naturale Regionale di Porto Selvaggio, a poco più di 50 metri dal mare e a un’altitudine di 50 metri troviamo la Torre dell’Alto.
Torre di Santa Maria dell’Alto, o semplicemente Torre dell’Alto è una delle torri costiere più scenografiche e pittoresche della costa jonica. Comunica a nord con Torre Uluzzo e a sud con Torre Santa Caterina. È ubicata sul dirupo della Dannata (esistono diverse versioni della leggenda che diede il nome alla rupe) dal quale secondo la tradizione popolare, venivano gettati in mare i condannati a morte. La torre cinquecentesca era compresa nei territori di pertinenza dell’omonima masseria.
La Storia
La prima menzione ufficiale di questa torre costiera, nota anche come torre “del salto della capra”, è conservata in un atto ufficiale del 1575, relativo ad un pagamento dell’Universitas di Nardò al maestro costruttore neretino Angelo Spalletta e del capomastro Lupo Antonio Mergola. I lavori proseguirono fino al 1598, quando si decretò la necessità di interventi di restauro su lastricato, guardiola di avvistamento, barbacani, caditoie e cisterna, fortemente deteriorati a causa della notevole esposizione all’azione erosiva degli agenti atmosferici. Agli inizi del ‘700 la torre perse la funzione di struttura difensiva per trasformarsi, stando ai documenti dell’epoca, in un vero e proprio lazzaretto per il ricovero di infermi “Turchi seu Schiavi”.
Talvolta sulle navi turche o barbaresche, stipate di pirati e di cristiani fatti schiavi, si potevano verificare, per comprensibili motivi, dei casi di colera, di peste o di altre pericolose malattie. In tal caso o si arrendeva l’intera ciurma oppure venivano sbarcate sul litorale le persone infette o ritenute tali. Per salvaguardare le nostre popolazioni, le autorità militari e sanitarie convogliavano i suddetti individui dentro qualche torre costiera. La torre di S. Maria dell’Alto, come pure quella di S. Caterina, svolse verso il 1706 la funzione di lazzaretto, come ci informa il Notaio Bonvino di Nardò “Turchi e Schiavi tenuti in quarantena nelle torri di Nardò”.
Il 10 settembre 1569 Don Parafan Duca d’Alcalà, Vicerè del Regno di Napoli, impartì disposizioni alla Regia Camera perchè anche le torri finite di costruire nell’estate di quell’anno in Terra d’Otranto, tra cui quella di S. Maria dell’Alto nei pressi di Nardò, fossero munite senza indugio “di alcuni pezzi d’artiglieria de mitallo”. Cadendo nell’influenza di Nardò, fu precisamente questa città ad occuparsene per tutto ciò che occorreva al suo buon funzionamento. Nel 1730 era custodita dal caporale Felice Verri e dal torriero Giovanni Giorgetta. Nel 1820 era mal ridotta e abbandonata dalla Guardia Doganale.
Nelle vicinanze della Torre dell’Alto sono ubicate anche altre importanti testimonianze di età medievale e postmedievale. Si fa riferimento ad esempio, al complesso abbaziale di Santa Maria dell’Alto, edificato nel XII secolo e più volte ristrutturato fino all’epoca moderna. Oggi la torre si trova in buono stato di conservazione e dal piano superiore, cui si accede per mezzo della monumentale scala esterna, si può lanciare lo sguardo verso mezzogiorno per ammirare il panorama dell’affascinante insenatura fino a Gallipoli, e verso settentrione per godere dello spettacolo straordinariamente naturale di Porto Selvaggio.
È stata acquistata dalla Regione Puglia e inserita nel Parco di Porto Selvaggio, dotato di una pineta di 300 ettari, un’area verde fra le più importanti del Salento. Alta 14 metri, domina da un lato, il mare cristallino verso il golfo di Gallipoli e, dall’altro, la vasta pineta.